venerdì 13 luglio 2012

A Marcia Theophilo il Premio Speciale al XXIV Premio Letterario Camaiore 2012

Successo per la Poetessa Marcia Theophilo che, con la silloge "Amazzonia oceano di alberi" (Edizioni Tracce, 2011), ha vinto il Premio Speciale del XXIV Premio Letterario Camaiore 2012. 

La Giuria Tecnica del concorso, composta da Francesco Belluomini (Presidente), Alberto Bevilacqua, Corrado Calabrò, Emilio Coco, Vincenzo Guarracino, Paola Lucarini e Mario Santagostini, ha espresso il suo unanime compiacimento per l’alto livello quantitativo, ma in particolare qualitativo dei libri presenti all’edizione 2012.
La cerimonia di premiazione avrà luogo sabato 15 settembre 2012 presso la Sala Congressi dell'Hotel Dune a Lido di Camaiore.

Dall'introduzione al libro "Amazzoni oceano di alberi" a cura di Mario Luzi:
È impossibile attribuire a un essere distinto la voce che parla, loda, alloquisce, descrive, esalta, colorisce nella foresta nella quale tutta la vita vegetale, animale, elementare si accende della sua compresenza e sacralità.
Ogni presenza è testimone del suo permanere e del suo tramutare e trasformarsi nelle ore e nelle vicende della luce - e da ogni dove si leva la parola e il suo commento (alberi, fiori, animali, voci di uccelli, frutti, luoghi, rumori, ondeggiamenti d’acqua, fruscii di vento). La vitalità ininterrotta e simultanea di tutta la foresta parla a se stessa da ogni sua creatura - il linguaggio è al di là dell’umano e questo è testato e significato dalla sensibilità tesa, dalla sapienza duttile di Márcia Theóphilo che ha concertato questo poema prevalentemente arboreo. E la stessa durata del corposo poema è in questo caso un tributo alla illimitatezza e alla perennità dello scenario e del tema della foresta amazzonica.
Eppure questa celebrazione del mondo integro e primario nella fantasia dei suoi stessi abitanti è un mitico canto di memoria viva al cospetto della sua perdita e della sua progressiva rovina.
La poetessa che ha ordito sull’emozione immanente della forza e della esuberanza la sua tela costante e variabile allo stesso tempo è anche una spettatrice impietosa del deperire di quell’universo ad opera della speculazione spregiudicata e delle conseguenze nefaste della “civiltà” moderna che ha coinvolto anche quelle regioni.
Márcia Theóphilo ha agito su due fronti con pari generosità: quello della antropologia che ha pratica in studi delle parole indias e in analisi del fenomeno, catastrofico per le popolazioni indigene, e quello poetico del grande canto su una realtà umana e un ordine naturale distrutti e, ahimè, prossimi a essere cancellati. Questo pathos lo aveva già fatto sentire in due cospicui volumi, Io canto l’Amazzonia e I bambini giaguaro. Una vasta polifonia possiamo chiamare questo poema Kupahúba, in cui la gamma delle tonalità liriche già apprezzate, della Theóphilo si spiegano e si rispondono. La traduzione in italiano della stessa Theóphilo fa pensare piuttosto a un testo dal doppio versante. E non è un piccolo pregio, dal momento che l’autrice si inserisce bene nel sistema ritmico e timbrico dell’italiano non sacrificando minimamente, a mio parere, il ritmo e il suono dell’originale portoghese del Brasile. 

Márcia Theóphilo è nata a Fortaleza, in Brasile. Ha studiato in Brasile e in Italia dove si è dottorata in antropologia.
Tutta la sua opera si inspira alla foresta amazzonica, ai suoi popoli, ai suoi miti, ai suoi alberi ed animali e all’impegno di salvare il patrimonio naturale e culturale della foresta alla denuncia della sua distruzione.
Nel 1972 la poestessa lascia il Brasile, e nello stesso anno conosce a Roma il poeta brasiliano Murilo Mendes che le presenta il critico letterario Ruggero Jacobbi e il poeta spagnolo in esilio Rafael Alberti, con cui stabilisce un importante rapporto di lavoro e amicizia.
Dal 2009 è Membro Onorario dell’Accademia Mondiale della Poesia.
Márcia Theóphilo fa parte della lista di candidatura al Premio Nobel.

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